Salvare il Pronto Soccorso per salvare il SSN

Da anni denunciamo le condizioni di precarietà in cui si regge il nostro Servizio Sanitario Nazionale. I quasi due anni di crisi sanitaria che abbiamo e stiamo attraversando, hanno portato alle estreme conseguenze le enormi carenze strutturali di personale e risorse, andando a gravare in maniera preponderante, sul settore che rappresenta il primo, e per moltз unico, punto di accesso al SSN: Il Pronto Soccorso.

Troppe volte abbiamo appreso, soprattutto negli ultimi mesi, di medicз e infermierз che si sono licenziatз in blocco per le gravose condizioni di lavoro. Turni con orari massacranti, riposi adeguati mancanti, carenza di personale rispetto alla mole di lavoro richiesta, aggressioni sempre più frequenti contro lз lavoratorз della salute.  

L’urgente necessità di personale, già ben nota anche prima della pandemia, non è mai stata affrontata in maniera sistemica, ma con ripetuti interventi emergenziali, facendo sempre più frequentemente ricorso a personale non adeguatamente formato, troppo spesso assunto con contratti precari, tramite agenzie interinali o cooperative, o contando sulla forza lavoro dellз medicз in formazione specialistica. 

Questз ultimз, per la loro condizione ibrida di studentз che prestano attività assistenziale senza un vero contratto di lavoro, sono troppo spesso utilizzatз come “tappabuchi”, costrettз a sacrificare la propria formazione per sopperire alle carenze di personale. Moltз nostrз colleghз, non solo afferenti ad aree delle emergenze o infettivo-respiratorio, hanno prestato la loro opera durante i momenti più critici dell’emergenza, permettendo a reparti e servizi di far fronte alle richieste di salute della popolazione. La pandemia ha, inoltre, accelerato esponenzialmente ed in maniera incontrollata, il processo, avviato con il DL Calabria, per cui specializzandз al terzo e al quarto anno sono statз assuntз con contratti a tempo determinato o co.co.co., vedendo interrompersi la loro formazione. Si è così perpetuata e rafforzata una situazione di sfruttamento e precarietà, che non solo non garantisce un’adeguata, integrata ed organizzata continuità di assistenza proprio nei luoghi di primo accesso alle cure, ma incide fortemente e negativamente sulla formazione dellз futurз specialistз.

Complici le gravose condizioni di lavoro, i gravi rischi professionali, la costante insicurezza, sia durante la specializzazione che nel futuro lavoro, quest’anno circa il 50% dei posti disponibili nelle scuole di specializzazione di Medicina dell’Emergenza-Urgenza non sono stati assegnati. Non si tratta di mancanza di interesse verso la disciplina, quanto piuttosto del timore serio e fondato rispetto al loro futuro come specialisti e alla loro qualità di vita (per approfondire).

Tutto ciò si ripercuote, infine e soprattutto, sui fruitori del servizio, le nostre pazienti ed i nostri pazienti. Chiedere condizioni di lavoro migliori, il riconoscimento di un lavoro usurante fisicamente e psicologicamente, maggiori tutele sia in termini di sicurezza che in termini di garanzie contrattuali, significa, in ultima istanza, chiedere la possibilità di offrire cure migliori e poter rispondere sempre e comunque alle esigenze di salute della popolazione, sempre più complesse con l’incremento dell’età media.

Per questi motivi aderiamo, sia come “Chi si cura di te” che come COSMEU (Coordinamento Specializzandi in Medicina d’Emergenza-Urgenza), alla manifestazione promossa dalla Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza e saremo con loro in piazza il 17 novembre a Roma.

Comunicato congiunto COSMEU – “Chi si cura di te?” per adesione alla manifestazione convocata dalla Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza

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